COME FUNZIONANO LE GARE E I CONCORSI PUBBLICI DI ARCHITETTURA IN ITALIA (E PERCHÉ NON FUNZIONANO). IDEE PER CAMBIARE IL SISTEMA, PRIMA DI FARE LA RIVOLUZIONE

di ALFONSO FEMIA CON INSIDETHEWHALEAF517 - 23 Febbraio 2021

I concorsi e le gare di progettazione sono complicati da comprendere. Una confusione che influisce negativamente sia sul lavoro degli architetti, sia su quello del Pubblico. Ma, soprattutto, sulla qualità dell’architettura. Che appartiene a tutta la comunità e al suo futuro.

 

Di cosa parliamo:

La presidente dell’Unione europea ha lanciato nei giorni scorsi la fase di ideazione del progetto New European Bauhaus. L’obiettivo è quello di riflettere coralmente su come sarà possibile vivere, dopo la pandemia, attraverso l’innovazione, proteggendo il pianeta. La proposta si ispira al primo Bauhaus che ha dimostrato come l’industria e l’eccellenza nel design possano migliorare la vita quotidiana di milioni di persone.

Il nuovo Bauhaus europeo deve innescare una dinamica analoga. Deve dimostrare che ciò che è necessario può essere anche bello, che lo stile e la sostenibilità vanno di pari passo.
Secondo la Von Der Leyen, intervenuta alla Festa dell’Architetto 2021  “… l’architettura gioca un ruolo determinante. (…) non c’è futuro senza architettura. (…) l’architettura può contribuire a un futuro più sostenibile, accessibile e centrato sulle persone.”
Se l’architettura è così fondamentale, è altrettanto importante porre l’attenzione sui processi che la governano.

L’Unione Europea si è preoccupata di aggiornarli con la direttiva 24 del 2014, promuovendo la qualità architettonica e tecnico funzionale attraverso lo strumento dei concorsi di progettazione e disciplinandone l’ambito di applicazione.

 

Ma, proprio in Italia, nonostante sia il Paese in cui – come sottolinea la Von der Leyen – “il design e l’architettura sono fortemente radicati nella cultura nazionale”, vediamo costruire, sempre più spesso, oggetti edilizi poco funzionali, senza connessione con il territorio e disarmonici rispetto al contesto.
Per il cittadino, per l’uomo comune, si tratta di edifici o situazioni urbane brutte o sgradevoli o anonime. E di solito la colpa viene attribuita a un “ignoto architetto”. Questo accade perché il cittadino non ha neppure una vaga conoscenza delle cause e dei processi che conducono alla realizzazione dell’opera.
Non è, dunque, per l’inadeguatezza della categoria professionale, ma di un sistema politico e legislativo che, da decenni, non presta attenzione alla finalità sociale e collettiva dell’architettura.

È fondamentale conoscere quale sia la responsabilità della committenza pubblica, cioè come costruisce i bandi e quali sono i criteri che adotta per selezionare i progetti.
Proprio il malfunzionamento di gare e concorsi innesca una progettazione edilizia miope, priva di una visione globale e gli consente di superare le forche caudine delle giurie per le gare e i concorsi e, talvolta, anche del semplice buon senso.
La responsabilità di questa situazione è da attribuire in egual parte alle storture legislative e all’incapacità delle Pubbliche Amministrazioni locali di “addomesticare” tali “storture”, cioè di formulare bandi “intelligenti”, anche a dispetto del Codice Appalti.

O più semplicemente, alla mancata applicazione del Codice Appalti che è chiarissimo riguardo l’uso dello strumento dei concorsi.

 

Codice degli Appalti, articolo 23/2. Livelli della progettazione per gli appalti, per le concessioni di lavori nonché per i servizi.

Codice degli Appalti, articolo 23/2. Livelli della progettazione per gli appalti, per le concessioni di lavori nonché per i servizi.

 

Per esempio, la scelta del concorso a due gradi per opere rilevanti e complesse viene indicata chiaramente dal Codice, che utilizza però l’espressione “la stazione appaltante può” e non “la Stazione Appaltante deve”. La mancanza dell’obbligo, la concessione del libero arbitrio non funziona con le Pubbliche Amministrazioni locali che fanno, molto spesso, scelte poco efficaci.

 

Né gli architetti sono semplici vittime del sistema: la comunità professionale non si batte abbastanza per questo punto nodale della professione.

 

Le battaglie degli architetti sono alla Cervantes, ci sono tutti i personaggi: i giganti dalle braccia rotanti (le archistar), i demoni (le società di ingegneria), gli eserciti arabi (la concorrenza internazionale) e anche tantissimi Sancho Panza, la miriade di studi che non ha risorse e forze per influenzare il cambiamento, impegnata nella lotta per la sopravvivenza quotidiana.

 

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L’architetto Mario Chiattone, progenitore dell’architettura futurista. Quadro di Achille Funi (Immagine tratta dal sito artevitae.it).

 

Nella maggior parte dei casi si innescano discussioni parziali, spesso figlie di posizioni personali. Dimenticato, anzi abbandonato il cuore del problema, il rischio è quello di perdere il battito delle città e dei territori e di trasformarli, a loro danno, in luoghi sempre più popolati da oggetti edilizi senza qualità.

 

Per questo è fondamentale analizzare il sistema dei concorsi e delle gare di progettazione e riformularlo anche solo parzialmente, con minimi (ma urgenti!) miglioramenti: nuove regole, più democratiche e aperte. Possibilmente senza proclami e vessilli.

 

La “qualità del progetto” deve essere postulato e insieme tesi, da declinare concretamente. Si sta, aggiungendo, invece, al lungo esempio degli architectural-washing: dalla tecnologia, unica fede degli anni Ottanta, alle etichette e protocolli vari degli anni Novanta, all’energetica degli anni Duemila, alla sostenibilità degli anni Dieci, al cambiamento climatico degli anni Venti, per citare solo le più recenti: bandiere che non rappresentano un popolo coeso, sventolate secondo l’opportunità del momento.

 

 

COME FUNZIONA IL SISTEMA DEGLI INCARICHI

Una pubblica committenza locale che vuole riqualificare un edificio o costruirne uno nuovo (scuola, ospedale, museo, housing, biblioteca, …) sul territorio di propria competenza, può individuare la più adatta al suo caso tra le opzioni concorsuali o di gara previste nel Codice degli Appalti o Codice dei Contratti Pubblici.
L’ultimo aggiornamento nazionale del Codice risale allo scorso anno con la Legge 14 giugno 2019, n. 55, formulazione aggiornata del Decreto Legislativo 19 aprile 2017, n. 56, revisione, a sua volta del Decreto Legislativo 18 aprile 2016, n. 50.

 

I concorsi, secondo il Codice Appalti sono “le procedure intese a fornire alle stazioni appaltanti, (nella maggior parte dei casi un’amministrazione pubblica) (…), un piano o un progetto, selezionato da una giuria in base a una gara, con o senza assegnazione di premi” e sono lo strumento migliore per ottenere un’architettura di qualità.

 

I settori coinvolti sono l’architettura, l’ingegneria, il restauro e la tutela dei beni culturali e archeologici, della pianificazione urbanistica e territoriale, paesaggistica, naturalistica, geologica, del verde urbano e del paesaggio forestale agronomico, la messa in sicurezza e la mitigazione degli impatti idrogeologici e idraulici e l’elaborazione di dati.
Sono quattro le alternative indicate dal Codice, tutte molto complicate nella formulazione: il concorso a grado unico, a due gradi, a due fasi e il concorso di idee.

 

Il grado unico richiede che il progetto sia attuabile tecnicamente ed economicamente: questo significa che chi partecipa deve produrre un progetto con tutti gli elementi fino a un preliminare. Se il concorso prevede che il progetto venga realizzato tramite concessione, allora sarà necessario anche un approfondimento economico finanziario. Chi vince il concorso avrà un premio, l’amministrazione di fatto acquista il progetto e la parte successiva può essere affidata ad altri.
COSA NON FUNZIONA: la legge non vincola l’assegnazione dell’incarico al vincitore. L’investimento professionale per mettere a punto un preliminare è notevole e assolutamente non proporzionato al premio. Quando il progetto viene affidato ad altri, la sua congruenza al realizzato è sia variabile, sia opinabile.

 

Il concorso a due gradi viene adottato quando l’intervento da realizzare sia particolarmente complesso: con il primo grado, si vogliono ottenere proposte di idee che tengano conto degli obiettivi, dei costi e delle prestazioni. Non viene decretato un vincitore unico, ma vengono selezionati i progetti più adeguati alla domanda. Non viene assegnato alcun premio (visto che non c’è un unico vincitore), quindi per gli studi che partecipano è un investimento a perdere. Nel secondo grado i candidati selezionati devono produrre un progetto che può arrivare anche a un approfondimento da preliminare. Il vincitore svilupperà il progetto definitivo e il progetto esecutivo, (se sono previsti i fondi) con riferimento alla dimensione economica stabilita nel bando.
COSA NON FUNZIONA: a fronte di un impegno notevole per i candidati, la Pubblica Amministratore riconosce un rimborso spese non proporzionato e comunque solo per chi è stato selezionato al secondo grado. La dimensione finanziaria indicata nel bando, per la ricerca del rapporto economicamente più vantaggioso, diventa una discriminante che non è più legata alla qualità progettuale.

 

Infine, il concorso a due fasi richiede già nella prima fase un progetto preliminare e nella seconda fase un definitivo, con le specifiche strutturali, impiantistiche, la fattibilità tecnica ed economica. Del progetto diventa proprietaria la Pubblica Amministrazione (sia del preliminare, sia del definitivo), ma il vincitore ha diritto a sviluppare l’esecutivo.
COSA NON FUNZIONA: le richieste nei bandi sono esasperate sull’approccio energetico e di gestione, scelta che genera un modello rigido e acritico, di fatto, mette la qualità del progetto nella sua globalità, in secondo piano. A detrimento grave del risultato finale.
Inoltre, per l’aspetto professionale, l’onere che si assume chi partecipa al bando, visto il tipo di impegno richiesto, non è proporzionata al rimborso spese che comunque si ottiene solo accedendo alla seconda fase.

 

Quella del concorso di idee è una formula “molto comoda” per l’Amministrazione Pubblica. L’amministrazione non si carica di costi – i premi previsti nei bandi sono molto bassi tanto da essere quasi ingiuriosi nei confronti dei professionisti che partecipano – né si prende impegno di realizzare il progetto vincitore.

 

Anche per il concorso di idee, il Codice prevede l’opzione a una fase o a due fasi.
Per il concorso di idee a fase unica, l’Amministrazione Pubblica vuole ottenere un’idea di progetto che verrà, successivamente, sviluppato con una delle tre formule concorsuali (a un grado, due gradi o due fasi).
Per il concorso di idee a due fasi, nella prima fase, la Pubblica Amministrazione richiede delle proposte che verranno selezionate per la fase conclusiva in cui verrà scelto un progetto architettonico definitivo con tutti i livelli di approfondimento, strutturale, impiantistico, tecnico ed economico.
COSA NON FUNZIONA: Quella del concorso di idee è una formula “molto comoda” per l’Amministrazione Pubblica. L’amministrazione non si carica di costi – i premi previsti nei bandi sono molto bassi tanto da essere quasi ingiuriosi nei confronti dei professionisti che partecipano – né si prende impegno di realizzare il progetto vincitore. Quando poi si mette in campo “l’idea”, la progettazione è discontinua e frammentata, intervengono attori che non si conoscono e non necessariamente dialogano tra loro.
L’aspirazione alla qualità architettonica si riduce fino a scomparire.
In altri Paesi, (per esempio in Francia), dove pure è prevista la formula del concorso di idee, non viene quasi mai utilizzata.  

 

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Nel settembre del 1944 il Comune di Roma bandì un concorso nazionale per un monumento in ricordo delle 385 vittime civili dell’eccidio nazista, del 24 marzo, presso le cave sulla via Ardeatina che venne completato nel 1951 (immagine tratta dal sito mausoleofosseardeatine.it).

 

IL “GUARDIANO” DEI CONCORSI (CHE NON C’È)

Preparare un concorso è complicato e richiede una conoscenza approfondita del Codice e delle Linee Guida che il Consiglio Nazionale degli Architetti elabora e mette a disposizione delle Pubbliche Amministrazioni. Per sciogliere tutti i nodi esiste la figura del “coordinatore”, un professionista, ingegnere o un architetto interno o, più spesso, esterno all’Amministrazione, in grado di gestire la competizione e la relazione tra la committenza e chi progetta dalla vittoria concorsuale fino alla sua realizzazione. Non è obbligatorio nominare un coordinatore, ma viste le lacune della Pubblica Amministrazione, sarebbe opportuno in ogni occasione concorsuale.

 

Come ha osservato Pier Giorgio Giannelli, presidente dell’Ordine degli Architetti di Bologna, la Pubblica Amministrazione non ha sviluppato, nella maggior parte dei casi, una lettura approfondita del Codice e delle sue possibili linee applicative e, nel caso dei Concorsi in particolare, ma il discorso è valido anche per le gare di servizi, ci si limita ad una lettura meramente burocratica della normativa, senza pensare agli effetti perversi che determina.   È da queste carenze che si generano bandi mal fatti che portano a realizzazioni senza qualità.
La qualità delle trasformazioni urbane e del paesaggio nasce prima di tutto dalle procedure che le determinano.

 

E POI CI SONO LE GARE DI PROGETTAZIONE

Il vero e grave problema, al di là delle criticità evidenziate per ogni singola situazione, è che la maggior parte degli incarichi avviene tramite le gare di progettazione, che hanno come scopo quello di ottenere un servizio di progettazione.

 

La differenza sostanziale rispetto ai concorsi è che con la gara l’amministrazione pubblica sceglie il progettista, mentre con il concorso confronta progetti.

 

L’amministrazione Pubblica sceglie in base all’offerta economicamente più vantaggiosa e nel bando indica i criteri, attribuendo il peso attribuito a ognuno.
Secondo il Codice degli Appalti i criteri variano sostanzialmente in funzione di quello che si intende realizzare e ne indica alcuni di carattere generale: prezzo; qualità; pregio tecnico; caratteristiche estetiche e funzionali; caratteristiche ambientali; costo di utilizzazione e manutenzione; …
Ma non finisce qui: per ciascun criterio di valutazione vengono stabiliti sotto criteri e sotto punteggi.
Prima di esaminare le offerte, la giuria deve dichiarare i parametri che utilizzerà per assegnare il punteggio a ogni criterio e sub criterio, nel range minimo e massimo già stabilito dal bando. Il lavoro della giuria si riduce a un’assegnazione di punti.

COSA FUNZIONA E COSA NON FUNZIONA:: il percorso della gara di progettazione conduce con certezza a un incarico, dunque è più interessante per un progettista, a fronte di un impegno comunque importante, sia per i concorsi, sia per le gare. Altro aspetto positivo, la gara non è anonima, dunque potrebbe essere possibile sostenere un orale per spiegare la proposta. Non funziona, invece, l’assenza di architetti esterni alla committenza, in giuria. Inoltre, nel bando di gara i criteri di valutazione del progetto soverchiano il progetto stesso nel suo insieme. Le giurie usano il braille, anche in assenza di deficit visivi. Non osservano, calcolano ed elaborano.

 

Secondo Massimo Pica Ciamarra, studio Pca International “i requisiti richiesti sono estremamente frazionati e specifici in ogni singolo caso: per tipologia funzionale, caratteri, categorie, se si opera o meno in edifici soggetti a vincolo, e così via. Tale sistema favorisce le grandi organizzazioni che per essere tali dispongono di numeri elevatissimi di esperienze e che, quindi, riescono a rispondere puntualmente ad ogni singolo caso.
Una formulazione del Codice Appalti dalla quale traspare l’interesse e il peso di lobby e delle grandi società di ingegneria nelle procedure dei bandi di gara.
I componenti delle giurie – chi valuta o giudica – dovrebbero disporre di requisiti paragonabili a quelli chiesti ai concorrenti! Non posso dimenticare di aver vinto a meno di 30 anni un grande concorso in due gradi per la sede di una importante Università, poi realizzata. E di non avere partecipato –superati gli 80 anni- a un concorso per la ristrutturazione di un edificio biblioteca per la stessa Università, pur avendo realizzato varie grandi biblioteche (ma questo chiedeva che le stesse biblioteche fossero in un edificio vincolato, ma gli edifici vincolati che ho avuto occasione di restaurare non avevano quella specifica destinazione d’uso!)
Comunque (anche se oneroso, quasi una ulteriore tassa) c’è un sito internet che dichiara di poter fornire ogni forma di avvalimento …
  Ancora sul tema dei requisiti, la via della sburocratizzazione potrebbe essere quella più elementare: non sarebbe più semplice riferirsi alla semplice abilitazione all’esercizio professionale o al massimo ad aver superato i 5 anni di iscrizione all’Albo?” 

 

 

CHI SI PUÒ CANDIDARE AI CONCORSI E ALLE GARE

Se il concorso è aperto possono partecipare tutti coloro che possiedano i requisiti richiesti, se la procedura è ristretta l’Amministrazione Pubblica seleziona i partecipanti in base a dei pre-requisiti.
Secondo il Codice degli Appalti, possono partecipare ingegneri, architetti, geometri (iscritti ai rispettivi albi) e altri profili professionali con diplomi tecnici competenti e correlati.
Si può partecipare anche associandosi, dunque le società di ingegneria e, più in generale, di professionisti.
Alle gare possono partecipare i raggruppamenti temporanei, anche in questo caso con requisiti di tipo economico e di anzianità dei professionisti e consulenti.
L’Anac, che è l’Autorità nazionale anticorruzione, conserva e verifica tutte le informazioni fornite.
C’è poi la controversa vicenda dell’anonimato.
I progetti che partecipano in procedura ristretta a un concorso vengono contraddistinti da un codice e, solo dopo la fase di selezione, vengono svelati i nomi degli autori. Questo serve, almeno in linea teorica, per consentire alla giuria di essere imparziale e di premiare il progetto e non il progettista.
Cosa non funziona: l’anonimato impedisce al candidato di sostenere un orale di concorso, spiegando il progetto, e conseguentemente alla giuria di poter approfondire temi controversi o questioni da chiarire per fare una scelta più attenta e oculata. Questo porta a una selezione basata su uno schema di calcolo che verifica numericamente la congruenza delle informazioni inserite nella documentazione tecnica ai requisiti richiesti.  

 

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Il concorso internazionale di progettazione in due gradi, bandito nel 2017 dal Comune di Ferrara per selezionare la migliore proposta per l’ampliamento degli spazi espositivi del Palazzo dei Diamanti, fu vinto da 3TI Progetti Italia, Labics e arch. Elisabetta Fabbri. Un gruppo di personaggi dell’architettura e della cultura, tra cui Vittorio ed Elisabetta Sgarbi, il Ministro per i Beni Culturali Bonisoli e Italia Nostra bloccarono l’avvio dei lavori. Al di là delle polemiche e del dibattito accesso,  resta un precedente particolarmente grave aver messo in discussione il concorso come strumento centrale per la mutazione delle città

CHI SCEGLIE I “PROGETTI MIGLIORI”, CIOÈ COME SI FORMANO LE GIURIE

Il metodo che guida la composizione della giuria è un elemento fondamentale del processo concorsuale e delle gare. I giurati sono responsabili sia nei confronti dei candidati, sia nei confronti dei cittadini che vivranno l’opera realizzata. Possiamo affermare che la giuria è (dovrebbe essere) una sorta di garante per l’architettura. La giuria viene nominata dopo la consegna degli elaborati (con il rischio di incompatibilità con i partecipanti, per esempio gradi di parentela o altro) e il regolamento ANAC richiede che i membri debbano essere in numero dispari e che la maggioranza debba avere la stessa qualifica richiesta a chi partecipa al bando.
Accade spesso che tra i membri non venga nominato un architetto e che la giuria sia composta da ingegneri e tecnici.
COSA NON FUNZIONA: le competenze e l’esperienza professionale e culturali di ingegneri, geometri e tecnici è completamente differente da quella degli architetti. Quello che non funziona nel design mix delle giurie così composte è che ci siano giudici che non possono attivare un dibattito che vada oltre il piano tecnologico. Si ritorna all’algoritmo delle gare. Il progetto perde anche in questo caso.  

 

Quando in una gara o in concorso il progetto viene sconfitto dall’algoritmo, la città e il territorio perdono un’occasione e le persone vengono private di innumerevoli opportunità.

 

L’AUTORITÀ ANTICORRUZIONE HA FATTO UN BANDO PER COSTRUIRE I BANDI PER I SERVIZI DI ARCHITETTURA E INGEGNERIA

I bandi vengono fatti dalle Pubbliche Amministrazioni. Per evitare contestazioni e risparmiare tempo, l’Anac ha studiato i “bandi tipo” vincolanti (salvo eccezioni) quando si tratti di opere che superino la soglia dei 209mila euro, che spiega come costruire i bandi per affidare i servizi, tra cui quelli di ingegneria e architettura, come per esempio la progettazione di nuove opere o gli interventi di manutenzione e la messa in sicurezza.
Il “bando tipo” fa riferimento solo alla procedura definita aperta, cioè quella in cui chiunque abbia requisiti può presentare un’offerta. Questo dovrebbe semplificare, e contribuire a riconoscere la qualità, ma …il bando tipo può comunque adeguarsi al criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, cioè con il miglior rapporto qualità/prezzo che, in linea ampiamente teorica, è uno dei criteri che concorrono a restituire la miglior soluzione: significa che, valutata la complessità attuativa, si propone, di conseguenza il massimo contenimento delle spese.
Questo negli anni ha portato a ribassi su onorari con una media tra il 50 e il 65 per cento, a fronte di una crescita esponenziali delle attività professionali da svolgere e del team di professionisti da mettere insieme (aspetti energetici, ambientali, rispetto dei cam, condivisione sistema bim, etc.), che fa comprendere quanto il percorso sia diventato perverso e assolutamente distante da una possibile realtà di qualità!

 

 

… E GLI ARCHITETTI HANNO FATTO DELLE LINEE GUIDA PER COSTRUIRE I BANDI DEI CONCORSI E DEI SERVIZI E DELLE PIATTAFORME DI SERVIZIO

Il Consiglio nazionale degli Architetti ha predisposto una Guida alla redazione dei bandi per i Concorsi di progettazione, per i Concorsi di Idee e per i Servizi di Architettura e Ingegneria che tengono conto delle indicazioni del Codice degli Appalti. Le sezioni territoriali del Consiglio Nazionale degli Architetti coadiuvano la Pubblica Amministrazione. In particolare, l’Ordine degli Architetti di Bologna ha sperimentato per primo, nel 2011, una piattaforma web per i concorsi, concorsiarchibo.eu, attiva da dieci anni e modello per quella adottata dal Consiglio Nazionale, concorsiawn.it, nel 2017. Anche l’Ordine degli Architetti di Milano ha messo a punto sei anni fa, nel 2014 un’applicazione digitale, Concorrimi che serve per bandire, organizzare e gestire i concorsi di architettura. Le piattaforme vengono utilizzate sul tutto il territorio italiano.
 

Le Amministrazioni Pubbliche che decidono di utilizzare una delle tre piattaforme sono vincolate ad affidare al vincitore del concorso l’incarico per tutti i successivi livelli della progettazione, salvo le deroghe del Decreto Semplificazione.

 

QUANTI CONCORSI E QUANTE GARE SI FANNO IN ITALIA E COME VANNO A FINIRE

Il Consiglio Nazionale degli Architetti ha creato nel 2017 un osservatorio denominato ONSAI (acronimo di Osservatorio Nazionale Servizi Architettura Ingegneria) per capire come funzionino i servizi di architettura e ingegneria.
Dal 2019 il lavoro di monitoraggio viene sviluppato in collaborazione con il Cresme (centro di ricerca per l’industria delle costruzioni) che ha verificato l’attività di tutti i bandi e avvisi pubblicati sul territorio nazionale, nell’ambito sia dei Concorsi sia dei Servizi di Architettura e Ingegneria.

C’è un po’ di confusione anche sui numeri dei concorsi:
Il Report statistico Onsai aggiornato a febbraio del 2021 ha rilevato 130 concorsi (con l’esclusione delle procedure interrotte e includendo quelli passate in piattaforma) sul territorio nazionale da gennaio a dicembre senza variazioni rispetto al pari periodo 2019. I servizi di architettura e ingegneria sono stati 4315 contro i 3692 dell’anno precedente.
All’incirca metà dei concorsi sono di progettazione e metà di idee.

I concorsi passati sulle tre piattaforme del Cnappc, dell’Ordine di Milano e di Bologna, sono stati poco più di 30 nel 2020.

Assumendo che il dato ufficiale sia quello corretto, il numero dei concorsi resta sempre molto piccolo se si distribuisce per il numero delle regioni 20 e considerando le 88 province e le oltre 100 città con più di 60mila abitanti.

E poichè la metà dei concorsi è di idee, questo significa che in Italia nel 2020 sono stati banditi all’incirca 65 concorsi di progettazione.

 

Per quanto riguarda l’andamento, l’Ordine degli Architetti di Torino fa un ottimo lavoro di analisi e comprensione dello sviluppo dei concorsi e delle gare, mettendo a disposizione diversi servizi con l’obiettivo di sostenere la promozione dello strumento concorsuale tra enti pubblici e privati.
Conoscere come vanno a finire concorsi e gare non è solo un tema professionale, ma un servizio di condivisione di processi che riguardano in via prioritaria la comunità.
Il servizio, come spiegato sul sito dell’Ordine di Torino, è nato da un’iniziativa del focus group “Concorsi e qualità del progetto” e monitora i concorsi di architettura a livello nazionale attraverso un’analisi dei punti di forza e di debolezza di ogni singolo caso. L’Osservatorio propone una descrizione e una sintetica analisi delle principali caratteristiche dei bandi attraverso schede con punteggi relativi alle principali componenti: la struttura del bando, l’oggetto del concorso, l’impegno richiesto, le modalità di selezione, gli esiti e i premi.

 

A margine dell’impegno ordinistico, resta l’amara considerazione che il numero dei concorsi  non è sufficiente a garantire un’architettura diffusa di qualità al nostro Paese.

 

Palazzo del Cinema di Venezia, concorso vinto nel 2005 da Alfonso Femia con 5+1AA (ora Atelier(s) Alfonso Femia) e Rudy Ricciotti. Alla fine, nel 2001, l’Amministrazione decise per un appalto integrato e poi il progetto non venne più realizzato.

 

Il concorso per il progetto della nuova sede della Facoltà di Architettura Iuav a Venezia, indetto nel 1998, aveva coinvolto 500 progettisti. Vinto dallo studio Miralles e Tagliabue, venne “dimenticato”.

 

COSA DICONO LE DEROGHE PER LA CoViD-19 PER GARE E CONCORSI

Cosa è successo al Codice Appalti con la pandemia? Il Governo ha inventato un Decreto semplificazione, trasformato in legge 120/2020 a settembre dell’anno scorso, attraverso il quale ha modificato le regole dell’affidamento. Per i servizi di architettura e ingegneria di importo inferiore a 75 mila euro si procede senza gara, cioè con incarico diretto, mentre per quelli con importi pari o superiori a 75 mila euro e fino alle soglie europee, si segue la procedura negoziata a cinque soggetti (società di ingegneria e architettura e consorzi e i raggruppamenti temporanei) sempre senza bando diretto, interpellando a rotazione gli operatori selezionati. Per gli importi superiori fino e oltre il milione di euro si segue la medesima procedura, aumentando il numero degli operatori coinvolti da 5, a 10 a 15.
Se si tratta di servizi di architettura e ingegneria con importi superiori alle soglie ritorna l’uso della procedura aperta, ristretta, della procedura competitiva, con alcune specifiche per ragioni di estrema urgenza per la Covid-19.
La possibilità dell’affidamento di progettazione ed esecuzione insieme (ex appalto integrato), che avrebbe dovuto terminare entro il 2020, viene esteso a tutto il 2021 con l’obiettivo di non perdere i finanziamenti europei e nazionali per scadenza dei termini.  
Infine, per le scuole e le università, per gli ospedali, le carceri e i tribunali, per le infrastrutture e altre opere di interesse pubblico, oltre che per quanto previsto dal Piano nazionale integrato per l’energia e il clima, i servizi di architettura e ingegneria si affidano in deroga ad ogni disposizione di legge (fatta salva la disciplina penale, la normativa antimafia e i vincoli europei).

 

E COSA SUCCEDE CON I CONCORSI VINTI E LE DEROGHE

Attraverso Concorrimi, il Comune di Milano ha bandito, nel 2019, il concorso internazionale di Progettazione Scuola Scialoia. Vincitore del concorso è stato Matteo Scagnol, titolare dello studio Modus. In questo momento il meccanismo di sviluppo tra concorso e realizzazione si è “inceppato”, perché il progetto della scuola verrà sviluppato da un’impresa

 

Leggi anche: Il caos dei concorsi, le manovre della Pubblica Amministrazione e l’architettura allo sbando

 

Come ha riferito la giornalista Maria Grazia Barletta, in un articolo pubblicato in Professione Architetto, “con gli ampi poteri di deroga affidati ai sindaci-commissari, non sarà il vincitore a svilupparlo, come sarebbe normale pensare. (…)”. È a questa “deroga sancita dalla legge e prorogata dall’ultima Manovra fino a tutto il 2021 che ha fatto riferimento il sindaco di Milano per realizzare il plesso di via Scialoia. In un provvedimento firmato dal sindaco di Milano viene spiegato che l’Area tecnica Scuole del Comune di Milano ha scelto di adottare “l’appalto integrato ricorrendo all’affidamento della progettazione esecutiva e dei lavori sulla base del progetto di fattibilità tecnica economica.”
“La gara sarà aggiudicata secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa e il punteggio da attribuire all’offerta tecnica sarà pari a 70 punti, mentre quello da attribuire all’offerta economica sarà pari a 30 punti.”

 

Scagnol ha sintetizzato efficacemente i “vizi” del sistema “Il cuore di tutta l’attività concorsuale, a qualsiasi scala, indipendentemente da prassi e procedure, dovrebbe essere la qualità dell’architettura. Al momento pare che questa aspirazione venga messa da parte, a favore di un’accanita attenzione ai parametri numerici, alle classificazioni e al valore dato ai Cam. Pur non negando l’importanza dello Zero Energy Building, nè tantomeno ai Cam, il punto è che queste “performance” dell’edificio e/o del professionista dovrebbero essere comunque “dovute” per legge, quindi quello che invece dovrebbe essere valutato è la capacità di interpretare le richieste e di avere una visione per il futuro, ovvero in poche parole la sensibilità per “il progetto” e per la sintesi della complessità in un’idea di architettura forte e durevole. L’esperienza altoatesina dimostra come i concorsi di architettura possono e devono essere fatti, con il sostegno  di un serio coordinatore di concorso che sostenga e accompagni le amministrazioni attraverso un processo che appare complesso, ma è invece semplicissimo. Infatti, è necessario semplificare i bandi che sono inutilmente complicati, mentre molto spesso mancano all’appello elementi essenziali, per esempio una precisa valutazione economica di massima e la presentazione di modelli fisici che divengono insieme alle tavole trasmissione di informazioni fondamentali per la comprensione del progetto.”
 
Una considerazione positiva sul tema dell’offerta economicamente più vantaggiosa: secondo Pier Giorgio Giannelli le quote dei ribassi potrebbero essere destinate ad alimentare l’economia progettuale dei concorsi, rendendo più dignitoso il rimborso per i partecipanti e i premi per i vincitori ed i selezionati. Non si tratta di un mero tema di compenso, ma di uno stimolo a orientare le energie professionali in confronti gratificanti.

 

(NEL FRATTEMPO) COSA FA LA COMUNITÀ DEGLI ARCHITETTI PER PROTEGGERE L’ARCHITETTURA?

A dicembre dello scorso anno le “Linee Guida dell’Architettura”, messe a punto dal Consiglio Nazionale degli Architetti, sono state prese in esame dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici che si è espresso a favore, ma con riserva, proponendo di istituire una commissione per coinvolgere altri soggetti oltre ai rappresentanti istituzionali e suggerendo miglioramenti in materia di sicurezza strutturale e rischi sismici e idrogeologici.
Nelle raccomandazioni, il CSLP ha affermato che le Linee Guida dovranno essere “una cornice di indirizzo nella quale inserire un quadro legislativo di livello regionale (…) e uno strumento di orientamento per il legislatore locale.”
Secondo il CSLP, poichè “il progetto è frutto della multidisciplinarità delle competenze e delle professionalità e della collaborazione e integrazione di diverse discipline, (…) la qualità del progetto è garantita dalle capacità tecniche e professionali e per tale motivo ogni opera di architettura dovrà essere il risultato preferibilmente di una competizione sul piano del merito e delle competenze, attraverso l’espletamento dei concorsi di progettazione in due livelli. La gradualità del processo concorsuale in due gradi consente infatti di esprimere una equilibrata competizione tra tutti i soggetti consentendo di premiare la creatività e le competenze senza appesantire con inutili costi e dispendio di tempo i concorrenti e i soggetti che promuovono le procedure concorsuali”.  
Non sono queste le uniche osservazioni del CSLP sul documento nel suo complesso, ma pare emergere come il tema dei concorsi che è alla base della qualità dell’architettura, non sembri oggetto di una rifocalizzazione e proposta di revisione ampia.


SI È PARLATO TANTO, DALLA LEGGE MERLONI IN AVANTI, MA PER L’ARCHITETTURA NON VA MOLTO BENE IN ITALIA

Dal 1994, l’anno della famosa legge Merloni a oggi si contano 12 importanti tappe legislative orientate all’architettura e sintetizzate in un infografica aggiornata a cura di PPAN (piattaforma di comunicazione e networking per il costruito), a partire da un’iniziativa promossa dal Maxxi “Verso una legge per l’architettura”.
Due anni dopo la Merloni, organizzammo un convegno a Genova dal titolo “Francia 2013 – Italia 10. Non si uccide anche così l’architettura”. 2013 era il numero di concorsi indetti in Francia nel 1996 e 10 quelli italiani. L’idea era che la narrazione dell’esperienza francese – la Francia era, al tempo, unico Paese europeo ad avere una legge per l’architettura – potesse essere una traccia e porre i presupposti per arrivare a ottenere una legislazione in materia anche in Italia.

 

La legge francese esordisce affermando che “L’architettura è un’espressione della cultura. La creazione architettonica, la qualità delle costruzioni, il loro inserimento armonioso nell’ambiente circostante, il rispetto dei paesaggi naturali o urbani, nonché del patrimonio, sono elementi di pubblico interesse”.

 

In Francia il concorso è lo strumento per mettere a confronto le idee e per attivare un processo culturale che faccia crescere tutta la filiera del progetto.
In 25 anni la tecnologia si è evoluta, la rivoluzione digitale ha globalizzato il mondo, il Pianeta è in sofferenza acuta e gli edifici e le città si sono profondamente trasformati. L’architettura si è declinata secondo tutti i modelli e le esasperazioni possibili, ad alte prestazioni, ridondante di etichette, instagrammata …
I concorsi in Italia son aumentati, ma non certo in misura proporzionale alle esigenze. Lo strumento legislativo più utilizzato è la gara di progettazione, quella formula che attribuisce al progetto il ruolo di “fornitura di servizi, di ingegneria e architettura“. Quanto di più lontano dalla sua vocazione storica e culturale.
Né abbiamo una legge sull’architettura.

 

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Dal convegno organizzato a Genova nel 1998, “Francia 2013 – Italia 10” venne pubblicato un libro. Testo ed evento furono curati da Alfonso Femia e Mauro Strata con 5+1AA (ora Atelier(s) Alfonso Femia).

 

L’ultimo appello a riguardo, l’ha lanciato Andrea Boschetti, in una lettera aperta, ospitata dal magazine on line Artribune, che esprime un profondo e condivisibile disagio per l’atteggiamento della stampa che interpella insistentemente gli architetti sulle riflessioni urbane in tema Covid e post Covid. Boschetti si chiede quale sia il senso di queste interrogazioni quando, nella realtà dei fatti, il dibattito è solo amministrativo, ormai da decenni. E ricorda come la mancanza di una Legge per l’Architettura sia una lacuna gravissima, così come l’assenza di una legislazione complessiva a partire dai concorsi alle procedure degli appalti all’urbanistica alla manutenzione dei territori e alle relazioni tra politica e strumenti attuativi.

La Von der Leyen, sempre sul tema del New European Bauhaus, ha detto “Voglio che NextGenerationEU faccia partire un’ondata di ristrutturazioni in tutta Europa e renda l’Unione capofila dell’economia circolare. Ma non è solo un progetto ambientale o economico: dev’essere un nuovo progetto culturale europeo.”
Come è possibile farlo senza una serie legge seria sull’architettura e sull’urbanistica e un processo competitivo sano?
 

Come è possibile che l’Italia, con queste lacune, possa condividere seriamente il progetto del New European Bauhaus?

 

 

“SIAMO D’ACCORDO SU TUTTO, BASTA CHE NON SI PARLI DI ARCHITETTURA”

È la parafrasi di una citazione riportata sul primo numero di Cuore che prendiamo a prestito perché è la sintesi perfetta della situazione italiana.
La figura professionale dell’architetto è avvilita da una politica non solo culturalmente, ma anche socialmente, impreparata a riconoscere la necessità dell’architettura, proprio dove, invece, il suo ruolo dovrebbe essere predominante
Come abbiamo visto, i concorsi banditi sono pochissimi e ancora meno sono quelli che si trasformano in opere realizzate.
Le gare rappresentano il vero “mercato” della progettazione, per le connotazioni che attribuisce il Codice Appalti, sono appannaggio delle società di ingegneria. Si è così creata una grave distorsione: la struttura delle società di ingegneria consente loro sia la potenzialità di essere presenti su più gare contemporaneamente o in rapida successione, raccogliendo, in coerenza con il brocardo “Plus semper in se continet quod est minus”, risultati che gli consentono di abbassare, sempre di più, il valore del compenso professionale.
C’è da dire che è la legge stessa a mettere un forte accento sugli aspetti economici, sul massimo contenimento delle spese, con il grave rischio che se il prezzo è il criterio prevalente vince chi ha i soldi e fa il progetto più ordinario.
Ma non è questa l’unica criticità che abbiamo individuato: le giurie composte da funzionari degli Uffici Tecnici o con esperienza non adeguata, la formulazione dei bandi, la mancanza di un lavoro di pre-valutazione …

 

Il punto non è attribuire responsabilità o colpe a questa o quella categoria di professionisti, ma provare coralmente a individuare gli elementi che possono migliorare la situazione al contorno.

 

E abbiamo visto anche che la rivoluzione con la Legge sull’architettura, gli architetti non riescono a farla. Anzi, sembra che perdano di vista uno degli obiettivi fondamentali: il nostro Paese è fatto di centinaia di progetti che impattano sui luoghi, li ridisegnano e li popolano. Centinaia di progetti di cui nessuno parla. Belli, brutti, funzionali, disarmonici …
Le opere delle archistar, quelle sulle quali si scatena l’ars oratoria dei colleghi sui social e della critica più colta, si possono contare in poche decine e spesso, sono a committenza privata.  

 

FARE MEGLIO SI PUÒ: LA VIA VIRTUOSA DELLA VALLE D’AOSTA

Qualche Amministrazione virtuosa che prova a mettere l’architettura e il progetto al centro c’è.
Nella Regione Autonoma valle d’Aosta, ormai da qualche anno, si è instaurato un dialogo collaborativo tra l’amministrazione regionale e gli Ordini e Collegi tecnici che, relativamente all’elemento prezzo in gare di affidamento di servizi di architettura e ingegneria mediante “Offerta Economicamente più vantaggiosa”, ha portato all’adozione di una procedura finalizzata a scongiurare ribassi eccessivi: da un lato, mediante l’assegnazione di un peso contenuto all’elemento prezzo e, dall’altro, mediante l’impiego di una formula “calmierante” dei ribassi.

 

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La formula utilizzata per le gare di progettazione in val D’Aosta che calmiera i ribassi.

L’adozione di questa linea di comportamento da parte della Pubblica Amministrazione è stata poi modificata per conformarsi alle Linee Guida n. 2 dell’Anac (2016 e agg. 2018), ma l’adeguamento è sempre stato fatto in modo coerente all’attribuzione di merito alla componente metodologica del progetto più che al ribasso economico.
La prassi corrente vede la curva di attribuzione del punteggio che conduce all’aggiudicazione della gara crescere in modo proporzionale alla percentuale di ribasso, cioè più è alta la percentuale di ribasso, più punteggio si guadagna.
Il sistema di calcolo adottato dall’amministrazione valdostana, in coerenza con le suddette Linee Guida n. 2 dell’Anac, riduce il punteggio ottenibile al di sopra di una certa soglia di ribasso, utilizzando una curva concava di raffigurazione dell’attribuzione.
 
Questo significa che oltre una certa soglia di ribasso è inutile scendere perché aumentare la percentuale non serve a guadagnare punti.
In questo modo si scongiurano le preoccupanti e pericolose situazioni di ribassi sconsiderati.
Per l’Ordine degli Architetti della Valle d’Aosta, il concorso resta, comunque, la formula migliore di valorizzazione del progetto di architettura in cui la competizione avviene sulla proposta progettuale e non sull’l’elemento prezzo, che nel concorso viene superato già nel disciplinare del concorso stesso, stabilendo un ribasso prestabilito il quale normalmente non supera il 20 per cento.

 

5 COSE SUI CONCORSI CHE SI POSSONO FARE SUBITO

Concentriamoci per esigere delle minime variazioni al Codice degli Appalti che possano influire sul costruito diffuso e tendiamo a obiettivi generali semplici, lineari:

  • l’architettura (non altro) deve stare al centro del progetto,
  • inseriamo i giovani architetti per migliorare la qualità progettuale,
  • adottiamo un sistema concorsuale unico per tutto il Paese.
  • disincentiviamo la formula del concorso di idee
  • incrementiamo la formula del concorso a due gradi, senza il vincolo dell’anonimato, almeno nel secondo grado.

E 3 COSE SULLE GARE

  • esigiamo che l’amministrazione pubblica esprima la percentuale di ribasso, così che il progettista la assuma come variabile e non come incognita,
  • chiediamo di eliminare la ridondanza dei sub-criteri delle valutazioni sui pre-requisiti,
  • esigiamo di avere giurie bilanciate con almeno due architetti esterni, di generazioni diverse, di cui uno internazionale quando sia opportuno per l’oggetto della competizione, per elevare la qualità del giudizio e di conseguenza il risultato.

Da ultimo, ma affatto ultimo, sarebbe necessario mettere a punto un sistema di verifica dei pagamenti che la Pubblica Amministrazione deve riconoscere ai professionisti, attraverso dichiarazioni di avvenuta ricezione e avvenuto pagamento da parte rispettivamente del progettista e della Pubblica Amministrazione.

 

Secondo Luca Dolmetta, che per il Comune di Genova si occupa di rigenerazione urbana, solo una posizione chiara da parte del Governo centrale potrebbe attivare un vero cambio di rotta. “Spezzando una lancia a favore della Pubblica Amministrazione locale, c’è da osservare che i bilanci dei Comuni, nella maggior parte della situazioni, non consentono di lanciare concorsi, attivando giurie e consulenti/coordinatori esterni per tutte le opere. Se è vero che tutta l’architettura è un bene per lo Stato, è lo Stato che si deve impegnare per creare un contesto favorevole alla sua valorizzazione. Concretamente, per esempio, si potrebbe immaginare di stanziare una cifra del Recovery Plan a favore dei concorsi di architettura (operazione che sarebbe, tra le altre cose, coerente con le affermazioni della presidente della Commissione europea) e, contemporaneamente, rendendoli obbligatori.”

 

 

È di ieri la notizia che il presidente del Consiglio di Stato Filippo Patroni Griffi si è dichiarato “disponibile a una riscrittura – l’ennesima! –  del Codice degli Appalti, togliendo «tutto quello che non è previsto dalle normative europee» , un’operazione che il presidente, qualora ne fosse incaricato dal governo, promette di potere svolgere in “due o tre mesi” con l’aiuto di “4 o 5 esperti della materia”. La proposta è coerente con “quello che Draghi, il presidente del Consiglio, ha individuato come obiettivo: “investire sulla preparazione tecnica, legale ed economica dei funzionari pubblici per permettere alle amministrazioni di poter pianificare, progettare e accelerare gli investimenti”.

 

Il punto essenziale che pare ancora non emergere è che l’architettura non può essere un “evento”, un fatto eccezionale, perché la quotidianità è fatta di progetto e deve tornare a essere un processo culturale, non un servizio. È in questa direzione che un Governo e un legislatore responsabili devono intervenire sul Codice degli Appalti. Poche, semplici modifiche.

 

La rivoluzione la faremo più tardi.

#akind(r)evolution

 

 

 

In apertura:Giorgio de Chirico, Enigma dell’ora, 1911. Olio su tela, 55 x 71 cm. Firenze, Collezione privata (tratta dal sito artesvelata.it).