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Ripartendo dai borghi si rivitalizzano i territori. L’anacronistica “verginità” digitale dei piccoli paesi non è l’unico problema da affrontare. Se i processi di transizione e trasformazione non passano dall’architettura, falliscono

di INSIDETHEWHALEAF517 - 17 Marzo 2021

Nell’anno della pandemia, i borghi sono stati insistentemente invocati come luoghi ideali in nome del ritorno a una vita “a misura d’uomo e che metta l’uomo al centro” vs le maligne logiche di una visione centripeta diventata, nei mesi delle quarantene che si sono susseguite, fagocitante e ostile.
Questo ha condotto a vederi i borghi in un’ottica romantica e improbabile, una sorta di consolatorio riferimento cartolina, meglio se in bianco e nero che fa ancora più storia, tradizione e cultura.
Se li leggiamo in chiave reale e obiettiva, i borghi sono i paesi fantasma abbandonati da decenni, di solito per eccesso o mancanza d’acqua, in seguito a dissesti idrogeologici, ma sono anche la versione nuova (e spesso brutta) costruita, in prossimità geografica di quelli originali. Molta storia, sempre più invisibile, nei luoghi abbandonati. Alcuna storia, alcuna identità, solo sciatteria, speculazione e opportunità economica temporanea nei paesi copia.

 

In Italia, sono circa 2000 i paesi con meno di 1000 abitanti e a rischio di desertificazione a causa di terremoti e smottamenti che danneggiano le abitazioni in modo irrecuperabile
Molti sono in fase di abbandono anche oggi: solo per citarne alcuni, Secinaro in Abruzzo, Roio del Sangro, in provincia di Chieti, Marcetelli, in provincia di Rieti, Castelmagno in Piemonte, Drenchia in Friuli con tassi di spopolamento superiori al sessanta per cento. Tutti hanno perso più della metà delle persone, in meno di mezzo secolo. Piccoli comuni che si pongono l’obiettivo sia di rafforzare le infrastrutture, sia i servizi, cioè le scuole, gli ospedali e la mobilità.

 

Tra realtà e romanticismo mediatico, cosa sono oggi i borghi?  Paesi off line, luoghi difficili da raggiungere e dove tutto è complicato, fare la spesa, andare a scuola, comperare un libro in ibs o amazon, fare didattica a distanza e smart working, raggiungere un ospedale in tempi brevi quando ce ne sia necessità.

 

I BORGHI “BIANCHISSIMI” SONO UN PROBLEMA. C’ENTRA LA TRANSIZIONE DIGITALE, MA ANCHE L’AMBIENTE

Il governo Draghi ha creato un ministero intitolato all’innovazione tecnologica e alla transizione digitale. Colao, il ministro incaricato,  si è posto l’obiettivo di trasformare, rapidamente, l’Italia in un Paese connesso, usando i soldi di Next Generation Eu.
Il punto di partenza di questo percorso è la diffusione capillare dell’accesso alla rete con la banda ultra larga. Colao ha affermato che “non ci possiamo permettere di perdere ulteriore tempo, alcune zone del paese sono molto indietro e questo è uno svantaggio di vita terribile, soprattutto in ambiti come quello scolastico.”
Naturalmente, tutto questo verrà realizzato per le future generazioni, in coerenza con il progetto europeo.

 

Proprio in riferimento al futuro ambientale e alla salute pubblica, Roberto Cingolani, che del Ministero per la transizione ecologica è titolare, ha lanciato degli alert significativi. In un’intervista a Luca Pagni in La Repubblica del 3 marzo ha affermato che “La digitalizzazione è una tecnologia fantastica se usata in modo intelligente, ma anch’essa non è gratis energeticamente: si stima produca il 4 per cento della CO2 totale che viene emessa, quando gli aerei coprono il 2 per cento, mentre il trasporto leggero fa l’8 per cento, quindi il digitale ha un suo peso consistente.” In un libro pubblicato per Einaudi insieme a Paolo Vineis e Luca Carra, Cingolani, spiega che “la transizione va oltre il concetto consolidato di ecologia, è una transizione globale e antropologica. Ci troviamo in un’epoca di “debito ambientale”, la soluzione non è fermare il progresso, ma neppure fare quello che si vuole”.

 

Alla luce di queste riflessioni vediamo come si incrociano i numeri dei borghi con le aspirazioni alla transizione digitale.
AgCom, Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, in uno studio elaborato con con DigitEconomy.24, Radiocor e Luiss Business School, nel giugno dello scorso anno, ha rilevato che manca la banda ultralarga in almeno 204 Comuni e che oltre il 10 per cento degli indirizzi civici non ha possibilità di connessione a internet da postazione fissa.
Il Governo aveva definito “bianchissime” le aree in cui per oltre il 10 per cento delle case non è disponibile la connessione. Un candore senza merito che riguarda molta parte dell’Italia, Piemonte, Molise, Liguria, Sicilia e Calabria …
Ma anche nelle aree connesse, la rete non funziona bene, è lenta e inadeguata per usi professionali e didattici.

 

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Infrastrutturazione digitale: punteggio e ranking delle province italiane nel Report EY Digital Infrastructure Index

 

In termini più generali, secondo il report EY Digital Infrastructure Index, pubblicato a dicembre 2020, nonostante l’accelerazione degli ultimi cinque anni, ci sono aree del Paese che restano in difficoltà grave per l’uso di Internet da parte dei cittadini (26 posizione su 28); l’integrazione delle tecnologie digitali all’interno delle imprese (22 su 28) e l’Human Capital/Digital skill necessarie alla trasformazione digitale (28 su 28), come registrato dall’indicatore Desi (Digital Economy and Society Index).

 

I BORGHI SONO TERRITORIO.
IL TERRITORIO È ARCHITETTURA

Ma la valorizzazione dei borghi non passa solo attraverso la transizione digitale, semplicemente perché la digitalizzazione da sola non genera un processo virtuoso di ri-popolamento.
E neppure, quando anche esistano le necessarie condizioni economiche, è sufficiente il  recupero del patrimonio edilizio dismesso e in stato di degrado.
La chiave è prima di tutto il recupero ambientale e territoriale.

Argini e terrazzamenti incolti, sono queste le immagini che raccontano visivamente i borghi fantasma e sono questi i nodi da risolvere: i dissesti idrogeologici e la presenza/assenza d’acqua.

 

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L’ha spiegato Salvatore Greco, architetto, attivo protagonista del progetto Mediterranei Invisibili in un efficace testo in cui le parole prendono forma di immagine, dedicato a Pentadattilo, uno dei borghi fantasma della costa ionica calabrese, celebrato da un famoso quadro di Escher.

 

Mi arrampicai ancora più in alto e con un po’ di sforzo raggiunsi una stretta gola e la fatica fu ampiamente ripagata dalla vista, ero padrone incontrastato sui diruti tetti dell’abitato, il cimitero su l’altura vicina, l’imitazione del paese era lì a due passi.
Era quello un paesaggio compensativo, consolatorio, o un pensiero critico rispetto alla mia vita urbana?
In quella stessa scena vista da vicino, avevo toccato con mano l’altra faccia della medaglia: la fragilità ambientale, l’atavica cultura dell’emergenza, l’esatto “sfasciume pendulo

 

borghi 3 journal Salvatore Greco

 

E ancora

 

 

“Un’incontrollata azione antropica moderna aveva prodotto per fortuna in zone circoscritte, più danni di tutti quei già detti catastrofici eventi naturali. Terra ballerina, punto di convergenza di ben tre placche continentali, storicamente aveva condannato questa umanità. A completare l’opera, deriva sociale e urbana, anime nere, profanazione, forti contraddizioni, memoria senza spessore, deserto dei tartari!
Di ruderi di pietra e monumenti, l’Italia non n’è avara, ma qui lo sfondo non è contorno, palcoscenico conservato, il cielo, gli odori del vento, i colori dell’esuberante vegetazione delle specie endemiche erano un’esplosione di colori e di profumi.”

 

 

Oltre al valore ambientale, la positività di recupero dei borghi è importante per il coinvolgimento dei territori in rete. È questo un aspetto che amplifica la progettualità sviluppata su un luogo specifico ed è quanto è stato messo in evidenza da tutte le Amministrazioni locali della costa ionica (di seguito l’intervista a Giovanni De Luca, sindaco di Fiumedinisi e Francesco Miceli, presidente dell’Ordine degli Architetti PPC di Palermo) interpellate nella terza edizione di Mediterranei Invisibili, il progetto ideato e messo a punto da Alfonso Femia per indagare i luoghi, costruendo la narrazione sul dialogo, raccogliendo testimonianze e proponendo confronti tra persone autenticamente mediterranee.

 

L’urbanizzazione di un borgo abbandonato ha un effetto positivo sulla rete dei borghi di prossimità e amplifica l’aggiornamento architettonico, culturale, sociale e digitale a interi comprensori.

 

Se la transizione digitale, bilanciandone costi e benefici, è ineludibile per il recupero dei borghi, è altrettanto evidente come la scala di intervento architettonico sia l’unica capace di mettersi in rapporto con le grandi situazioni territoriali.

 

La fotografia d’apertura e le altre fotografie sono del borgo di Pentedattilo, in Calabria. Foto ©Salvatore Greco.