LA SCUOLA NON È UN EDIFICIO. DEVE FUNZIONARE COME SISTEMA INTEGRATO ALLA CITTÀ IN UN NUOVO QUADRO DI ECONOMIA SOCIALE E SOLIDALE. È QUESTA LA VISIONE CHE MANCA … OLTRE A TUTTO QUELLO CHE MANCA

di ALFONSO FEMIA CON INSIDETHEWHALEAF517 - 24 Marzo 2021

Ancora si parla di architettura scolastica e scuola usando le parole contenitore e contenuto. Non è necessario citare de Saussure per comprendere, particolarmente dopo la CoViD, che scuola è città, segno urbano, dimensione sociale, unione di forma e contenuto.

 

Noi di Atelier(s) Alfonso Femia, abbiamo cominciato, un anno fa, a riflettere sulla scuola in termini di spazio, ragionando sulla necessità di adeguarne l’architettura alle esigenze contemporanee.
Esigenze con radici nel cambiamento profondo che non si origina solo dalla rivoluzione digitale. La connessione permanente è una parte della spontanea tensione sociale a voler essere parte di una comunità.
Poi c’è stata la pandemia, ma il processo di evoluzione era già in corso e sta coinvolgendo tutti gli aspetti del vivere.

 

Idee su come reinventare la scuola ce ne sono parecchie, frutto delle riflessioni di pedagogisti, amministratori, insegnanti, genitori, studenti, architetti, sociologi, filosofi, giornalisti.
Sulla scuola ognuno ha qualcosa di saggio da dire e molte cose sono ragionevoli e di buon senso, ma in tutto questo discutere, poca attenzione, anche nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, (PNRR) si è concentrata su una parte importante: pensare in una logica di economia sociale.
Su quella considerevole quantità di denaro messo a disposizione dall’Europa con il pacchetto Next Generation, il Governo italiano riuscirà a mettere le mani proponendo un piano preciso per obiettivi, allocazione delle risorse, metodo e strumenti.
Sul punto allocazione delle risorse, i soldi che il Pnrr ha riservato alla scuola “Missione 4 Istruzione e ricerca” sono 28,4 miliardi di euro. Per il “potenziamento delle competenze e diritto allo studio” sono destinati 16,7 miliardi. Per il capitolo “Dalla ricerca all’impresa” 11,7 miliardi. Di questi 28 miliardi, 7 andranno all’edilizia scolastica, per nuove costruzioni e riqualificazioni. A questi si sommano gli 855 milioni di euro finalizzati a interventi finanziati dal Dm Istruzione n. 13/2021 e fondi messi a disposizione da un Dm in corso di registrazione e 1,1 miliardi di euro per gli istituti superiori, quindi gestiti dalle Province e città metropolitane.

 

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Pubblicato ne’ Il Sole 24 Ore del 15 marzo 2021. Nella tabella, i finanziamenti sbloccati, gli nterventi finanziati dal Dm Istruzione n. 13/2021 e fondi messi a disposizione da un Dm in corso di registrazione.

 

Dei 209 miliardi che la UE ha destinato all’Italia, 127 sono “in prestito”, cioè da restituire e la differenza è a fondo perduto.
Nell’equilibrio distributivo di queste risorse nelle 6 “missioni” individuate, avrebbe senso allocare la porzione a fondo perduto per gli usi con minor competenza “di mercato”, cioè meno profittevoli, dai quali è meno probabile aspettarsi un ritorno economico.

 

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L’allocazione delle risorse per l’edilizia scolastica nella bozza del PNRR del 25 gennaio.

 

Passando agli obiettivi, le priorità indicate per l’edilizia scolastica sono l’efficientamento energetico finalizzato alla riduzione dei consumi e, di conseguenza, alla sostenibilità ambientale e la messa in sicurezza. Si tratta di urgenze (e di nuovo siamo sull’emergenza, non sulla pianificazione a medio-lungo periodo), di interventi puntuali che non rientrano in un quadro complessivo di lettura dell’evoluzione socio-culturale dei bambini, degli adolescenti e dei giovani adulti. A questo proposito, la maggior parte delle scuole, precisamente il 74 per cento, è stata costruita in epoca antecedente al 1974. Architettura e layout degli interni fanno riferimento a un modello di insegnamento superato e anzi gli spazi così organizzati ostacolano le innovazioni didattiche e le strategie pedagogiche contemporanee.

 

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Fonte: Fondazione Agnelli

 

 

Il Pnrr non si preoccupa di questa aspetto. Dimostra una certa attenzione alla didattica, ma trascura quanto l’ambiente fisico possa condizionare il modo in cui si fa scuola.

Sempre in relazione agli obiettivi non sono chiare le priorità e non viene preso in considerazione il fattore demografico che dovrebbe essere un parametro di riferimento a monte dell’attività progettuale, per non vanificare l’investimento sugli edifici, nella geografia globale del Paese.
Guardiamo al futuro come Next Generation EU vorrebbe: le previsioni demografica di Istat indicano che la popolazione studentesca tra il 2020 e il 2030 avrà segno meno in quasi tutte le fasce di scolarità e per tutte le macroregioni, con picchi negativi al Sud.

 

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Fonte: Istat

 

Ma ancora più grave è l’anacronistica visione della scuola come scatola calata nei luoghi. Qualche timido accenno e anche qualche brillante sperimentazione di scuola arricchita di funzioni, hub civico, viene da poche illuminate amministrazioni locali.

Nel Pnrr, ridisegnare il rapporto tra scuola e territorio non è prioritario, ma neppure incluso tra le necessità della scuola contemporanea.

 

Ed è questa una lacuna gravissima che si riflette a scala urbana, anche perché la scuola è il soggetto istituzionale pubblico più diffuso nel territorio.Questa mancanza non è, semplicemente, da attribuire a un’incapacità politica di lettura e interpretazione del macro-tema scuola/città. Ha radici molto più profonde che derivano dall’assenza di un’economia sociale e solidale, un modello di sviluppo orientato ai bisogni degli individui più che al profitto.Il progressivo aumento delle situazioni di crisi, dalla forbice sociale alla fragilità dell’assistenza pubblica in tema di housing, sanità, scuola non trova risposte efficaci nel Pubblico che, da solo, non è più in grado di rispondere.

 

Della scarsa attenzione dedicata alle potenzialità dell’Economia Sociale e Solidale si è occupato Euricse, centro europeo di ricerca, che ha presentato, il 18 marzo, al Governo Italiano un position paper, nel quale riafferma come il rilancio dell’economia italiana improntato alla sostenibilità sociale e ambientale non possa che passare da un rafforzamento dell’economia sociale.
Cooperative, fondazioni, associazioni e imprese sociali sono gli attori emergenti nello scenario pubblico, fondamentali in termini generali per il recupero di una dimensione di convivenza con la CoViD che non abbia il carattere dell’emergenza permanente e particolarmente per il tema scuola.
L’economia sociale rappresenta, dunque un metodo efficace in grado di armonizzare gli obiettivi, soprattutto la relazione tra scuola e territorio allocando efficacemente le risorse e utilizzando correttamente gli strumenti.

 

Alla luce delle informazioni oggettive (andamento demografico, mappatura degli edifici, evoluzione sociale) la scuola italiana oggi si presenta così:
Profilo socio/culturale
– Gap significativo tra lo stato del suo patrimonio e le esigenze didattiche e pedagogiche
– Scollamento tra strutture e territorio
– Fruizione limitata, pur essendo soggetto pubblico
Profilo architettonico/urbanistico
– Molti degli edifici sono “ruderi” energetici e tipologici
– Mancanza di progettazione urbana al contorno: mobilità dolce, corridoi e connessioni con gli spazi verdi pubblici
Profilo politico/governance/gestionale
– No piani organici di interventi interconnessi da 40 anni
– No attuazione di percorsi di riforma
– Gestione complessiva dei singoli istituti è delegata ai dirigenti scolastici
Profilo economico/finanziario
– No mixitè funzionale.
– Sottoutilizzo degli spazi (tempo utile di esercizio, inferiore a 12 ore su 24).
– Insostenibilità economica per inutilità di struttura e gestione impianti.
– Frantumazione dell’investimento pubblico, interventi in tempi successivi sullo stesso immobile.
– Patrimonio sovradimensionato, pertanto abbondonato e non oggetto di strategie di finanziamento.

 

Se la scuola deve servire la GenZ e le successive, quasi aliene rispetto alle pari età degli anni Settanta/Ottanta (l’epoca di costruzione della maggior parte degli edifici esistenti), bisogna abbandonare i meccanismi di comprensione del mondo scuola adottati fino a oggi e cambiare il “modello di intelligenza progettuale”.

 

 

L’OCCASIONE PER CAMBIARE LA SCUOLA

La valorizzazione della città policentrica passa attraverso la scuola.
Attraverso la scuola passa anche la rivitalizzazione dei centri minori, perché gli edifici sono distribuiti sul territorio e sono naturalmente centrali alla scala del quartiere.
Il progetto dei nuovi edifici e di recupero degli esistenti deve partire dalla considerazione – ecco il cambio di passo dell’intelligenza progettuale! –  che la scuola è infrastruttura fondamentale per un’azione collettiva di welfare state.

 

Come ha spiegato, Ezio Micelli, ordinario Iuav nel suo contributo al testo “Scuola Social Impact”, ricerca curata da Alfonso Femia con Ivo Allegro, da una parte è lo Stato che si deve far carico di garantire l’assistenza e il benessere dei cittadini, modificando e regolamentando l’uso e la distribuzione funzionale degli edifici scolastici come hub in cui si individua e si organizza una collocazione civica delle funzioni. Operativamente, la revisione del processo e delle funzioni può avvenire attraverso un’imprenditorialità sociale e culturale che metta la scuola al centro di un investimento collettivo.

 

Ed ecco che ritorniamo al metodo e all’analisi delle potenzialità dell’economia sociale e solidale. In questo innesto di nuove funzioni, nella ridefinizione di un adaptive use della scuola, l’intervento del privato non è a fini di profitto, ma opportuno per un bilancio economico complessivo della struttura.Se da una parte, lo Stato sta riacquistando un ruolo fondamentale, tuttavia non può pensare di agire da solo ed è necessario che includa nuovi modelli economici in grado di far convergere l’autonomia del privato con l’interesse pubblico.

 

Fondazioni, terzo settore e partneriato pubblico/privato sono soggetti collaboranti per mettere a punto la sostenibilità economica dei progetti.
In Italia le organizzazioni sono quasi 380 mila, il valore aggiunto sfiora i 50 miliardi e gli occupati superano quota 1.500.000 (il 9,1 per cento del totale dell’occupazione privata nazionale, autonomi inclusi), e 5 milioni e mezzo sono i volontari.
In alcuni settori la loro azione è consolidata, mentre in altri – e tra questi la scuola – la loro azione sarà fondamentale nel prossimo futuro, particolarmente a fronte dei limiti dello Stato e dei soggetti di mercato

 

Abbiamo immaginato un’attuabile trasformazione della scuola italiana:
Profilo socio/culturale
– Hub civico adeguato alle esigenze next generation

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Profilo architettonico/urbanistico
– Edifici in rete con il territorio.
– La progettualità è alla scala urbana, non a quella del singolo oggetto costruito.

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Profilo politico/governance/gestionale
– Economia sociale e solidale (fondazioni, cooperative ecc).
– Imprenditoria sociale

Profilo economico/finanziario
– Partneriato Pubblico/Privato
– Sostenibilità economica per mixitè funzionale

 

COME FAR FUNZIONARE LA SCUOLA-HUB

La scuola hub dovrà essere continuamente aggiornata sulle mutazioni sociali e di contesto e in ascolto permanente, mai soddisfatta di sé, attenta alle tensioni del mercato sociale, capace di tenere in equilibrio le diverse funzioni.

Secondo Ivo Allegro, esperto di economia e finanza e di PPP, che ha condiviso con Alfonso Femia il progetto Scuola Social Impact, l’investimento sulla scuola può avere un tangibile impatto sociale attraverso una filiera imprenditoriale che diventerebbe acquirente di servizi, generando un mercato in cui sarebbe possibile sperimentare innovazioni di processo, organizzative e tecnologiche in modo consistente. L’idea è quella che sia possibile avere economie di scala e obiettivi, amplificabili nel tempo, proprio grazie alla gestione dell’infrastruttura scuola.
Micelli suggerisce che i progetti proposti sulla base di questi input generali siano oggetto di verifica triennale o quadriennale opportuna per confermare o chiudere il rapporto con l’imprenditore civico, attuando una logica di percorso simile a quella delle start-up.
Con questo modello non si definisce a monte cosa succederà in un edificio scolastico di un luogo o di un paese, ma, attraverso l’emanazione di bandi statali per la configurazione di scuole -hub, si metteranno a disposizione le coordinate del cambiamento, vincolando lo spazio in una divisione tra mercato, innovazione sociale ed energetica.

 

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Gli schemi e la mappa Scuola/Città sono contenuti nel libro Scuola Social Impact.

 

COME USARE I SOLDI DEL PNRR PER CAMBIARE LA SCUOLA

Affrontare l’argomento scuola per file parallele di contenuti, destinate a non incontrarsi mai, è un percorso che conduce a esiti fallimentari, come la storia insegna.
L’aspetto più triste della vicenda CoViD da marzo 2020 a marzo 2021 non è stata la chiusura del precedente anno scolastico senza che gli studenti rivedessero le aule. Una pandemia qualche scossone lo può dare alla scuola (la gravità della prima ondata resta la tragedia sanitaria, la mal gestione). Ma aver chiuso le scuole a novembre a dicembre e ancora oggi, questo significa che la capacità di pensare, in modalità integrata, se n’è andata, è scomparsa.


Il pensiero si origina dall’educazione, dall’apprendimento, dalla visione generale. Come ripeteva insistentemente il grande linguista Tullio de Mauro, più cose, parole, concetti conosciamo, più siamo in grado di immaginarne.
Apprendimento ed educazione sono le funzioni primarie della scuola.Torniamo sempre alla scuola, alla ricchezza dei contenuti e all’importanza dei luoghi.

 

Come usare i sette miliardi del Pnrr, per il potenziamento dell’architettura scolastica?
Il primo passaggio, da gestire centralmente, dovrebbe essere l’analisi della proiezione demografica sul territorio.
In seconda battuta, valorizzare, per quanto possibile, i progetti che le Pubbliche amministrazioni locali hanno elaborato nel corso degli anni “i progetti tirati fuori dai cassetti” ponendo alla loro messa in cantiere poche semplici condizioni:

 

  • Il vincolo a sviluppare un progetto scuola/territorio, di urbanistica alla scala del quartiere e non solo relativo all’energetica e alla messa in sicurezza dell’edificio.
  • Il vincolo alla revisione degli spazi secondo i modelli didattici e pedagogici indicati, per esempio, nel Manifesto di indire, Spazi educativi 1+4 per la scuola del terzo millennio.
  • Il vincolo alla mixitè funzionale.
  • Il vincolo a nominare a monte un imprenditore sociale per la definizione e la gestione della scuola hub.
  • Lo sviluppo di collaborazioni PPP.

Immagine in apertura: Chuttersnap on Unsplash